Indagini ANA: sempre più aziende gestiscono il programmatic in house
La tendenza prosegue anche quest’anno come conferma uno studio dell’associazione americana. Brand safety il tema che preoccupa maggiormente
Un nuovo rapporto dell’Association of National Advertisers (ANA), organizzazione americana che raccoglie i principali spender ed è comparabile alla nostra UPA, evidenzia il percorso di una tendenza rischiosa per le agenzie media. Secondo lo studio, infatti, il 35% delle aziende intervistate sta espandendo le attività di programmatic media buying in house, un valore in rialzo del 14% rispetto al 2016. “È chiaro come un numero crescente di inserzionisti stia aumentando il grado di controllo dei propri investimenti media - ha dichiarato in una nota Bob Liodice, ceo dell’organismo -. E stanno attuando importanti cambiamenti alle loro operazioni di buying in programmatic al fine di rispondere alle problematiche relative alla trasparenza”.
Alle agenzie il compito esecutivo
Più in dettaglio, gli investitori pubblicitari stanno portando in casa le attività a maggiore responsabilità, per ottimizzare le loro decisioni in materia programmatic. Il 69% dei 149 rispondenti ha detto di controllare internamente la strategia e i contratti delle campagne, lasciando alle agenzie il compito esecutivo. In sintesi, l’indagine di ANA sembra confermare quanto sta già accadendo: Sprint, Allstate, StubHub, Unilever e Netflix stanno puntando su operazioni in house in campo digital, mentre P&G ha addirittura affermato di voler rivedere gli investimenti automatizzati.
Vantaggi e preoccupazioni
Rimangono invece fuori da ogni dubbio i vantaggi offerti da questa modalità di planning, che permette di utilizzare i dati per ottimizzare la profilazione e raggiungere audience in real time. Ora gli inserzionisti vogliono più controllo, dopo i problemi emersi in ambito brand safety, frodi e viewability. In questo senso solo il 19% degli intervistati, era il 34% l’anno scorso, ha detto di aver optato per un modello “undisclosed”, in cui gli advertiser hanno accesso al solo prezzo finale, senza avere il dettaglio dei passaggi delle loro attività promozionali. La brand safety è il tema che più preoccupa gli intervistati, il 78%, infatti, non sa bene come gestire il problema.